mercoledì 11 gennaio 2017

Si fa presto a dire Ionico...

Finalmente restituita alla vista, liberata da un cantiere che la nascondeva da anni, la facciata del Teatro degli Animosi è tornata protagonista del paesaggio urbano, con la sua imponente mole in marmo bianco e la chiarezza geometrica del suo stile neoclassico.

Soffermandoci ad analizzare alcuni dettagli dell'architettura disegnata da Giuseppe Pardini, possiamo essere più specifici e chiarire alcuni riferimenti molto precisi ad opere dell'antichità classica.

Dettaglio della facciata in una bella fotografia di  Brad J Goldberg
I termini "neoclassico" e "stile ionico" sono troppo generici per descrivere l'ordine usato dal Pardini nelle sei grandi colonne, sembra ricavate da un unico blocco di marmo, che caratterizzano la facciata del teatro carrarese.

L'architetto lucchese, non ancora quarantenne, era agli inizi della sua carriera, ma poteva vantare un curriculum di studi di tutto rispetto, avendo visitato le vestigia antiche di Roma e di Paestum, e poi soggiornato a Torino, Genova, Parigi e infine Londra, verso il 1830. Lo stile che il Pardini scelse per il Teatro di Carrara non si rifaceva però alle antichità italiane ma rimandava direttamente al gusto per la riscoperta delle origini greche dell'architettura classica. I capitelli disegnati per gli Animosi si rifanno apertamente a quelli dell'Eretteo (o Erechtheion), uno dei principali templi dell'Acropoli di Atene.

Il capitello ionico dell'Eretteo come dall'incisione di Stuart e Everett (a sinistra) a confronto con quello del Teatro degli Animosi (a destra)

Dopo secoli in cui lo studio dell'architettura antica si era basato sugli edifici della romanità, verso la metà del Settecento si era iniziato a ricercare una presunta "purezza" nel "vero stile" dei templi greci; la pubblicazione che più diffuse questo gusto ellenico fu The Antiquities of Athens and Other Monuments of Greece di James Stuart e Nicholas Revett, che fu pubblicata gradualmente dal 1762 al 1816, e ristampata regolarmente per tutto l'Ottocento. Dai primi decenni del XIX secolo questo stile archeologizzante fu ampliamente utilizzato in Europa e negli Stati Uniti d'America; un ulteriore stimolo a questa riscoperta della classicità greca era venuto dall'esposizione al British Museum dal 1816 dei marmi ateniesi della collezione di Lord Elgin, ancora oggi oggetto di una controversia internazionale che vorrebbe il loro ritorno nei luoghi di origine. Proprio in questo museo è molto probabile che il Pardini abbia visto in prima persona una delle colonne dell'Eretteo, che avrebbe poi ispirato il suo lavoro futuro.


Colonna dell'Eretteo al British Museum
Tavola da The Antiquities of Athens and Other Monuments of Greece con la raffigurazione di elementi architettonici dell'Eretteo. 
 Lo stile Ionico dell'Eretteo si caratterizza per un collarino molto grande tra l'astragalo e l'echino con i caratteristici ovuli, decorato con un motivo vegetale che alterna palmette e caprifoglio. Le volute sono tipicamente di grandi dimensioni e molto complesse, solitamente vengono considerate le più eleganti e raffinate tra tutte le varianti dello stile ionico, con effetti di morbidezza che sembrano quasi ricercare la soffice sensazione di un tessuto.

Negli anni immediatamente precedenti alla realizzazione del Teatro degli Animosi, questo stile era stato utilizzato in edifici nuovi e molto prestigiosi quali il Ministero del Tesoro di Washington DC (1830) la Konzerthaus (1821) e l'Altes Museum (aperto nel 1830) di Berlino, queste ultime acclamate opere di Karl Friedrich Schinkel. Iniziato nel 1836, il cantiere del teatro carrarese rifletteva quindi istanze attualissime nel quadro dell'architettura europea, e non solo, del tempo.

Vi sono tuttavia alcune differenze tra l'originale greco e la versione del Pardini, alcune di poco conto altre più evidenti: evito di entrare troppo nei dettagli delle prime (ad esempio l'abaco liscio, senza ovuli) ma non si può sorvolare sul fatto che a uno stile così archeologizzante si sia unita una colonna liscia, senza scanalature, assolutamente insolita per l'ordine ionico. Questa scelta, oltre a dimostrare una certa libertà nell'interpretare il linguaggio classico dell'architettura, sembra risolversi in una elegante pulizia del disegno che alleggerisce l'insieme della facciata. Naturalmente questo argomento meriterebbe una riflessione più approfondita e un confronto che spero possa nascere anche da queste pagine.

Andrea Fusani 
L'Eretteo sull'Acropoli di Atene



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