martedì 24 gennaio 2017

La prima inaugurazione del Teatro, il 26 dicembre 1840: da serie b.

Abbiamo finalmente assistito alla riapertura del Teatro, inaugurato domenica 22 gennaio con l'Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova diretta dal maestro Andrea Battistoni, ma come andò quando gli Animosi venne inaugurato la prima volta, appena costruito, nel 1840?

In verità dovette trattarsi di un evento tutto sommato "sottotono", con una compagnia teatrale non di primo ordine e uno spettacolo certo non entusiasmante, e l'assenza pesante del Duca Francesco IV D'Este che lasciò deserto e disadorno il palco centrale.

Il Palco Ducale del Teatro di Modena con la grande Aquila Estense
Già dall'estate precedente gli Accademici degli Animosi, avevano fatto dono al sovrano del palco d'onore, e Francesco IV aveva accettato benignamente; essendo i palchi proprietà privata dei membri dell'Accademia, anche quello donato al sovrano diventava a tutti gli effetti una proprietà ducale, e per arredarlo convenientemente occorreva l'intervento dell'Ispettore dei Reali Palazzi. A Carrara si era già realizzata una Aquila Estense, probabilmente molto simile a quella che fa ancora bella mostra di se nel Teatro Comunale di Modena, che aspettava solo di vedere "convenientemente approntato il palco", ma il Conte Giovanni Salis, maggiordomo maggiore di Francesco IV, tardava nella risposta, e le scuse per il mancato allestimento del palco ducale arrivarono a Carrara solo il 28 dicembre 1840, due giorni in ritardo sull'apertura del Teatro. A giustificare la mancata presenza del Duca e il mancato addobbo del suo palco, veniva indicata la recente scomparsa della consorte Maria Beatrice di Savoia, avvenuta nel settembre precedente, ma non è difficile leggere dietro tutta la vicenda il disinteresse nutrito da Francesco IV nei confronti di tutta la vicenda...
Il commediografo
Alberto Nota
Anche il testo scelto per l'inaugurazione rende l'idea di un'operazione assai mesta: fu messa in scena La Donna Ambiziosa di Alberto Nota. Già l'aver proposto della prosa e non un melodramma la dice lunga, e la stessa compagnia teatrale, sotto i nomi di Laura Della Seta e Giuseppe Pareto, pare non fosse proprio di prima scelta, e rimase celebre il giudizio del Conte Francesco Del Medico che li definiì "dozzinali strioni".

Alberto Nota, torinese di nascita, è conosciuto per aver scritto più di quaranta testi teatrali, ma senza mai conoscere il vero successo, rimase sempre un "amatore", di professione magistrato, oltretutto il suo nome, erroneamente trascritto come Aurelio nel libro di Claudio Giumelli Il Teatro degli Animosi di Carrara, è ancora così riportato sul sito del Comune di Carrara e in altri che parlano del nostro teatro; La Donna Ambiziosa non era nemmeno un testo recente, composta nel 1810 fu rappresentata la prima volta solo nel 1817 a Napoli, comunque più di venti anni prima dell'inaugurazione degli Animosi. Appartiene al genere delle cosiddette Comédie Larmoyante, quel Teatro Lacrimoso dal cui derivò il Dramma Borghese, un racconto edificante in cui dal cattivo comportamento dei protagonisti nascono conseguenze disastrose riscattate dall'edificante finale positivo. Nello specifico il testo narra di Laura (interpretata dalla Laura Della Seta), cameriera di bassa estrazione che diventa la seconda moglie del ricco ma semplice Eustachio, di famiglia commerciante. Le mire ambiziose di Laura porteranno la famiglia al disastro economico nel tentativo di combinare un matrimonio nobiliare per la figlia di primo letto di Eustachio, Silvia.
Al quinto atto, per gli spettatori rimasti svegli, si consuma il dramma, e la Della Seta recita il suo monologo: "Neppur la mia camera si risparmia, né le suppellettili, né il mio letto. Tutto si descrive, tutto sarà venduto, tutto e perfino la casa! Dio! Qual cambiamento da jeri in qua, jeri inchinata, corteggiata, invidiata, oggi derisa, negletta, avvilita [...] ma chi debbo io accusare prima di tutti, se non me stessa, e i miei ambiziosi vaneggiamenti? A buon diritto or mi sarà rinfacciata la mia origine, il mio fasto, la mia insensatezza: e neppure il pentimento, ultimo riparo de'colpevoli, neppure il mio pentimento sarà creduto sincero. Che mi rimane dunque a fare? Ah si, compiasi il primo, il più sacro dovere, si corra a piedi di mia madre...". Nel finale una inaspettata colletta degli amici, e l'intervento di un fratello fino allora nascosto sotto false spoglie, eviteranno la galera al povero Eustachio, e la famiglia, rassegnata a più umili destini, si ritirerà a Cremona dove Laura, "lontana da ogni fallace illusione, nel seno della famiglia, tra le cure della domestica economia" troverà "quella vita tranquilla da cui nasce la la pace costante dell'animo, l'armonia degli onesti affetti, una vera e durevole felicità".
Avranno gradito i presenti? Non lo sappiamo, l'anonimo cronista dell'epoca sembra rimase più colpito dall'illuminazione a giorno del teatro, e probabilmente la novità e la bellezza dell'architettura del teatro, insieme alla mondanità dell'evento, prevalsero sul contenuto della serata.
Quando ci si lamenta della quotidianità invocando una mitica età dell'oro che Carrara avrebbe vissuto, si dovrebbe riandare con la mente anche a episodi come questo, in cui risalta l'evidente provincialità della scena culturale locale.
Rimbocchiamoci le maniche adesso, dobbiamo essere noi gli Animosi del futuro.

3 commenti:

  1. Andrea, penso che l'età d'oro spesso usata non sia quella dei decenni dopo il 1840…e oltre. L'Accademia del teatro Animosi fu voluta per necessità diverse da quelle popolane a cui quei luoghi erano o interdetti. Palazzo e Palazzo Pisani e il suo giardino erano divenuti spazi angusti e nobili da qui la necessità di darsi (i nobili e ricchi emergenti) un teatro con annesso circolo; costoro si comportarono scaltramente e furono baciati dalla fortuna nel commercio industriale del marmo. La ricchezza delle saccocce non galoppò in simbiosi con la cultura. Poi venne il Verdi presso il Politeama e gli Animosi venivano sempre più relegati a pochi intimi ivi compreso l'avvento del fascismo che se ne impossessò complici i baroni del marmo. Credo di non sbagliare che per tempi d'oro si intendano i momenti più popolani del complesso intero. Sede del CLN prima e del PRI fin alla fine degli anni sessanta. Il Teatro divenuto sala cinematografica con spazi sempre più limitati a sfavore della prova o piccoli incontri musicali. Carrara da allora lo sentì proprio ma non seppe rispettarlo e curarlo a dovere … spero che sia giunto il momento di cambiare "stile"

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  2. non sono più capace a scrivere nei blog, scusa gli errori non voluti: un o in più, due volte Palazzo, "… relegati a favore di pochi intimi"


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  3. Carla il mio discorso era più ampio e si rivolgeva a chi rimpiange sempre una fantomatica eta dell'oro di Carrara, non del suo teatro. Nemmeno intendevo denigrare l'attività del teatro di nessun periodo. Ripercorrendo le vicende della inaugurazione mi veniva solo un po da ridere, a vedere come alla fine Carrara fosse simile a oggi...

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